martedì 26 novembre 2013

La vita privata nell'epoca della sua riproducibilità tecnica

Si dice che nell'epoca di internet se uno vuole tenere per sé le sue faccende private non le deve mettere in rete. Bene, ora violerò questo saggio consiglio.

Sono un matematico estroverso, uno di quelli che quando parla con qualcuno guarda le scarpe dell'altro. Ho parlato, qui sul blog e anche sui socialini che frequento, di mia moglie, la Signora, che tra l'altro qui compare ancora come collaboratrice.

Bene, i fatti della vita (quelli, sì, rimangono privati) ci hanno portati ad allontanarci troppo. Ora lei non abita più con me.

Amici: non ce la farò a parlare a tutte le vostre scarpe, a spiegare e a raccontare. Portate pazienza. Un "come va?" e un pat-pat sono sempre graditi, comunque.

Amici elettronici: non ci siamo mai visti, ma visto che condividiamo una piccolissima parte delle nostre storie, ecco, ora sapete.

Studenti, colleghi: portate pazienza se dico cose strane o se sorrido meno.

C'è, comunque, una frase che rispecchia il mio modo di vivere e che mi guiderà ancora. È questa:

Tutto andrà bene, alla fine. Se non va bene, non è la fine.

giovedì 14 novembre 2013

Sui pregiudizi concettuali, ovvero Newton che si ribalta nella tomba

«E, dunque, dato che l'ellisse, la parabola e l'iperbole si ottengono tutte sezionando un cono in vari modi, queste curve vengono dette coniche».

«Ma, prof, di fronte a un grafico che ne mostra solo una parte è difficile distinguerle, vero?».

«Eh, sì, si assomigliano molto. Per esempio, vi ricorderete dalla fisica che avete studiato al biennio che se prendete un sasso e lo lanciate, cadrà lungo una traiettoria parabolica[citation needed]».

«Uhm, può darsi».

«Ma sì, dai, una componente ha moto uniforme, l'altra moto uniformemente accelerato, la curva è una parabola, avrete pure calcolato la gittata, cose così».

«Ah, sì, è vero».

«Ecco, in realtà non è così. Se io faccio un disegnino non in scala, ecco… questa è la terra, questo è il sasso che cade da una torre altissima, la traiettoria in realtà è ellittica».



«Ah, ma allora abbiamo imparato cose sbagliate?».

«Ma no, in un mondo piatto in cui l'accelerazione di gravità è costante, la traiettoria è davvero parabolica. Se non lanciamo un sasso da un'altezza incredibile, ma ci limitiamo a quote normali, non riusciamo a distinguere la parabola dall'ellisse: si assomigliano molto. Se invece lanciamo il sasso da molto in alto e molto lontano potrebbe anche entrare in orbita, ad esempio».

«Uhm».

«Naturalmente se trascuriamo tutto ciò che possiamo, cioè se non consideriamo l'aria, ci mettiamo in una situazione ideale, eccetera. In teoria potremmo lanciare il sasso, girarci indietro, aspettare un po' e riprenderlo al volo. Il sasso è diventato un satellite. Per renderlo geostazionario, come i satelliti che usiamo per le trasmissioni televisive, dobbiamo invece portarlo molto distante dal centro della terra. Sapete come funzionano i satelliti geostazionari?».

«Sono fermi».

«Bé, diciamo che sono fermi rispetto a un osservatore che si trova sulla terra, in realtà ruotano insieme alla terra».

«No, no, prof, io volevo dire che sono proprio fermi».

«Ma no! Scusa, come fanno a stare fermi?».

«Eh, sono lontani, dove non c'è gravità, stanno fermi».

«…».

«Prof, perché mi puntina?[1] Cosa ho detto?».

«Ma i satelliti non sono fermi! Se fossero fermi cadrebbero, no?».

«No, prof, non cadono perché non c'è gravità».

«Ma come fa a non esserci gravità?».

«Eh, oh, non c'è aria, non c'è gravità, scusi».

«NOAOAOAO».

«No?».

«Proprio no! Secondo te per mettere un satellite in orbita si spara un missile in verticale, si arriva alla posizione giusta, ci si ferma, si molla lì il satellite e si torna indietro?».

«Certo, c'è un altro modo?».



Ecco.