lunedì 10 dicembre 2012

Ma perché proprio le frequenze? — sinusoidi

«Chi di voi suona la chitarra?».

«Io, prof!».

«Bene, allora: se prendi una corda che suona una certa nota, cosa succede quando metti un dito al centro e fai suonare solo mezza corda? Che nota si ottiene?».

«Quella di un'ottava sopra».

«Perfetto. E se metti un dito in modo da fare suonare solo un terzo di corda?».

«Boh?».

«Dovresti ottenere la frequenza tripla, no?».

«Forse sì».

«E che nota è?».

«Ah, non so, dipende da qual era la nota iniziale».


Le mie conoscenze musicali si fermano qui, e per sapere il motivo per cui la serie armonica si chiama armonica sono andato dagli amichetti di friendfeed. Uno dei quali aveva già scritto pagine e pagine di teoria musicale e, come se non bastasse, ha anche aggiunto qualche informazione in più sul Post (perché proprio sette note?).

Bene, ora facciamo un passo indietro: perché ci interessano proprio le frequenze dei suoni?

L'onda sonora più semplice, almeno da un certo punto di vista, è l'onda sinusoidale. È semplice perché è facile da descrivere. Prendiamo un punto su una circonferenza e facciamolo ruotare a velocità costante: la sua ombra descrive un moto oscillante che si chiama moto armonico e che, se disegnato su un piano cartesiano mettendo il tempo sull'asse delle ascisse e la posizione dell'ombra su quello delle ordinate, ha come grafico una sinusoide.

Se prendiamo una molla, attacchiamo in fondo un peso, al peso attacchiamo un pennino in grado di scrivere su un cilindro di carta, e facciamo ruotare il cilindro mentre diamo un colpetto al peso in modo da farlo oscillare, possiamo osservare sul cilindro la traccia della sinusoide.

La sinusoide è quindi un'onda semplice da descrivere. Chi ha studiato goniometria sa che esistono tante funzioni goniometriche, ma in realtà ne basterebbe solo una: con quella si possono descrivere tutte le altre.

Una sinusoide è fatta così:


Cosa c'entra tutto questo con i suoni della corda di chitarra? Bé, i suoni sono onde che si propagano attraverso l'aria, e fanno vibrare i nostri timpani. A seconda di come vibrano, noi percepiamo sensazioni differenti. L'onda sinusoidale è il suono più semplice (e anche il più noioso da ascoltare…).

Bastano tre parametri per descriverla: frequenza, ampiezza, fase.

La frequenza ci dice quante oscillazioni vengono fatte in un secondo: l'orecchio umano sano, giovane e in perfette condizioni dovrebbe percepire frequenze nella gamma che va dalle 20 alle 20000 oscillazioni al secondo (che si chiamano Hertz). Ecco un disegno che mostra due onde aventi frequenze diverse (ma stessa ampiezza e stessa fase).




L'ampiezza ci dice quanto alta è un'onda (in pratica, qual è il volume: quando giriamo la manopola dello stereo per ascoltare a volume più alto, stiamo modificando l'ampiezza). Ecco un disegno di due onde aventi ampiezze diverse (ma stessa frequenza e stessa fase).



Infine, la fase ci dice qual è il punto di partenza delle onde. Questo parametro è un po' più difficile da capire, perché in effetti il nostro orecchio non è in grado di percepirlo. Ritornando all'esperimento del peso attaccato a una molla, immaginiamo di averne due: li tiriamo entrambi un pochino verso il basso, e poi li lasciamo andare, ma non contemporaneamente. Prima uno, e dopo un po' l'altro: ecco che le onde che vengono disegnate non sono sovrapposte, ma un po' spostate una rispetto all'altra. Si dice che sono sfasate:



Riassumendo: la frequenza ci dice la nota (se varia, sentiamo una nota più grave o più acuta (le note gravi corrispondono a frequenze più basse, quelle acute a frequenze più alte)), l'ampiezza ci dice il volume (maggiore è l'ampiezza, maggiore è il volume), la fase è, di solito, inascoltabile. In realtà noi abbiamo due orecchie, e se ascoltiamo da una parte una certa onda, dall'altra la stessa onda sfasata, forse ci accorgiamo del fatto che qualcosa non va. Ma bisogna essere allenati.

Ora, nessuno strumento musicale produce un'onda sinusoidale. Forse un buon diapason ne produce una buona approssimazione, e naturalmente gli strumenti elettronici sono in grado di emettere quel tipo di suono; il fatto è che non è molto interessante dal punto di vista musicale, perché è, come dire, noioso. È il tono di libero emesso dalla cornetta del telefono, per esempio.

E allora, a cosa servono le onde sinusoidali in musica? Bé, servono a generare i suoni di tutti gli strumenti.




Questa è un'Applet Java creata con GeoGebra da www.geogebra.org - Java non risulta installato sul computer in uso - fare riferimento a www.java.com
zar, 9 Dicembre 2012, Creato con GeoGebra

10 commenti:

Michele ha detto...

dannato Fourier che ci spiega anche come

.mau. ha detto...

ho dei dubbi che si possa parlare di fase quando due onde non hanno la stessa frequenza...

un modo per accorgersi dell'esistenza della fase è prendere gli album dei Beatles e mischiare i due canali stereo sfasati di π, cioè in opposizione di fase. In questo modo gli strumenti che erano stati missati su entrambi i canali si cancellano, e restano solo quelli che erano stati piazzati solo su un canale. Agevolo lista dei brani: http://www.beatlesagain.com/btoops.html

Juhan ha detto...

Mitico prof. e mitico .mau.
Che insieme, e i Fab4 per giunta oggi non sembra nemmeno lunedì!

zar ha detto...

@.mau., non so, diciamo che un'onda sinusoidale si può descrivere come

y=a*sin(bx+c) e chiamiamo c la fase. In effetti se i valori di b sono diversi ha poco senso ragionare su c.

Se sommi due canali in opposizione di fase, succede della roba simpatica :-)

C'è chi dice di essere in grado di sentire due canali in opposizione di fase non sommati, ma ascoltati uno con un orecchio e l'altro con l'altro orecchio.

zar ha detto...

(ora l'app funziona, mah)

Federico ha detto...

Credo che la sinusoide più pura ottenibile da un corpo vibrante (ad esempio una chitarra) sia l'armonico naturale.

Marco Panino ha detto...

Se la nota di partenza è un do, premendo a 1/3 la corda ottengo un "sol", cioè un intervallo di "quinta" più un salto di ottava.
Il problema è che se accordassi uno strumento basandomi su questo direi "la quinta del do è il sol, la quinta del sol è il re, poi
re => la
la => mi
mi => si
si => fa#, che è come dire sol bemolle
solb => reb
reb => lab
lab => mib
mib => sib
sib => fa
fa => do
e dopo dodici quinte torno al punto di partenza.
Dal punto di vista matematico, la prima quinta è 1/3, la seconda è 1/3 * 1/3 = 1/9, la terza è 1/27. Anche scendendo di quattro ottave (16/27) la frazione diventa sempre più brutta.
In teoria, al termine delle dodici quinte si dovrebbe tornare alla nota iniziale (anche se a un'ottava diversa), ma in realtà 2^n/3^m non darà mai 1, per qualunque valore di n e m (il risultato è 2^19/3^12 = 531441/524288).
Il do iniziale e quello che ha subìto dodici quinte risultano stonati!

Alla fine, con un po' di matematica, ho scoperto che non riuscivo ad accordare perfettamente la mia chitarra non perché non avevo abbastanza orecchio, ma perché era semplicemente impossibile!
è stato come scoprire che Babbo Natale non esiste.

fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Circolo_delle_quinte
http://it.wikipedia.org/wiki/Comma_%28musica%29
http://it.wikipedia.org/wiki/Temperamento_equabile

Marco Panino ha detto...

Chiedo venia, ho scritto davvero male! Come attenuante posso dire di aver scritto con un figlio attaccato alla gamba e uno al braccio.
Spero che si capisca comunque.

zar ha detto...

Si capisce, si capisce... Grazie!

bibi.adrenalina ha detto...

Con la matematica non ci salterete fuori facilmente...
Nel senso che noi occidentali moderni abbiamo l'orecchio modellato sulla scala temperata e il cervello approssima tutto ciò che non le assomiglia.... a meno di un adeguato allenamento. Io la differenza tra le due versioni del Preludio n°1 di Bach la sento, ma sarebbe più evidente a chiunque se si ascoltasse un Preludio non in do maggiore, ma poniamo in re bemolle. Nel caso del Calvicembalo ben temperato di Bach infatti la vera sfida fu nel suonare i pezzi nelle tonalità lontane mantenendo la stessa accordatura che fa sentire "bene" i pezzi in do maggiore (come il nostro preludio n°1). Motivo: l'ha spiegato bene Marco Panino. L'accordatura temperatapermette a uno strumento di suonare accettabilmente tutte le tonalità, ma chiedete come si sente un cantante professionista con l'orecchio assoluto quando deve "aggiustare" un pezzo in re bemolle... Senza l'accordauta temperata un'orchestra non potrebbe mai suonare insieme.
Tutto questo per dire che queste approssimazioni rendono vani i calcoli matematici che vogliono mettere d'accordo la teoria degli armonici con la realtà a cui le nostre orecchie sono abituate.