sabato 27 marzo 2010

Bei tempi

I numeri nella forma 2p − 1, in cui p è primo, sono chiamati numeri di Mersenne dal nome di Martin Mersenne, un frate parigino del diciassettesimo secolo che fu il primo a far notare il fatto che molti numeri di questo tipo sono primi.

Ora esiste un sito internet che raccoglie tutti i numeri primi di Mersenne conosciuti e che, mediante il calcolo distribuito, consente a chiunque sia in possesso di un computer di continuare nell’analisi di questo tipo di numeri.

Per circa 200 anni si sospettò che il numero di Mersenne 267 −1 fosse primo. Un giorno dell’ottobre 1903, a una riunione a New York della American Mathematical Society, il professore Frank Nelson Cole della Columbia University si alzò per una comunicazione. Cole, che era sempre stato un uomo di poche parole, andò alla lavagna e senza dire una parola procedette a scrivere col gesso il calcolo aritmetico per elevare 2 alla sessantasettesima potenza. Poi accuratamente sottrasse 1. Senza una parola passò poi ad una parte pulita della lavagna e moltiplicò per esteso 193707721·761838257287.

I due calcoli coincidevano. Per la prima e sola volta che sia stata registrata, un uditorio della American Mathematical Society applaudì vigorosamente l’autore di una comunicazione. Cole riprese il suo posto senza aver pronunciato una parola. Nessuno gli pose domande.

Tempo dopo fu domandato a Cole quanto tempo ci avesse messo a scomporre il numero, ed egli rispose: “Le domeniche di tre anni”.

( Lo racconta Martin Gardner)
(Chissà cosa avrebbe detto Cole se avesse potuto accedere a siti come questo)

domenica 21 marzo 2010

L'uomo da un milione di dollari

Il Clay Matehmatics Institute ha assegnato il suo primo premio per la risoluzione di uno dei problemi del millennio. Perelman ha ufficialmente vinto un milione di dollari. Vedremo se deciderà di ritirarli oppure no.

venerdì 19 marzo 2010

La 3-sfera

“La sfera è una figura bidimensionale…”.

“Tridimensionale, vorrai dire”.

“No, ha due dimensioni”.

“Ma come? Mica puoi metterla su un piano, no? Una sfera sta nello spazio”.

“Esatto: una sfera è una superficie, e quindi ha due dimensioni, ma è immersa nello spazio tridimensionale. Dato che è curva, abbiamo bisogno di una terza dimensione per contenerla. Però ci bastano due coordinate per descrivere la posizione di un punto su una sfera, e questo significa che le dimensioni sono solo due”.

“Mh, queste due coordinate potrebbero essere latitudine e longitudine, se ci trovassimo sulla terra, per esempio?”.

“Esatto, bene. Devi pensare alla sfera come alla buccia, senza considerare la parte interna, che è vuota. È per questo che si chiama anche 2-sfera: il 2 sta proprio a significare che è una superficie”.

“Bene, ci sono”.

“Ora cerchiamo un modo per visualizzare la sfera in due dimensioni”.

“Perché?”.

“Perché altrimenti quando passiamo alla 3-sfera abbiamo bisogno di 4 dimensioni per visualizzarla, e sono un po' troppe”.

“Ah. Quindi useremo lo stesso metodo di visualizzazione anche quando parleremo di 3-sfera?”.

“Proprio così. Per capire come funziona, è meglio applicarlo a un oggetto che già conosciamo e maneggiamo meglio, la 2-sfera. Eccola qua, te la disegno con un taglio che la divide in due parti”.


“Perché la tagli?”.

“Perché adesso stacco le due parti. Disegno qualche freccia per segnare i punti corrispondenti”.



“Sbaglio o stai facendo il contrario di quello che hai fatto per costruire il toro?”.

“No, non sbagli, è proprio quello che sto facendo. In questo modo vorrei poter visualizzare la sfera su un piano, così come il toro era rappresentabile come un quadrato”.

“Capisco. Però queste due semisfere sono sempre curve, non ci stanno su un piano”.

“Giusto, ma ora le appiattisco. Se schiaccio le due calotte nella direzione indicata dalle frecce cosa ottengo?”.



“Ottengo due cerchi?”.

“Sì, due dischi pieni, non due circonferenze”.

“Sì, esatto. Due dischi pieni con il bordo in corrispondenza uno con l'altro, se ho ben capito”.

“Proprio così: il bordo è un artificio che utilizziamo per rappresentare la sfera su un piano, ma in realtà la sfera non ha bordo”.



“Mi riesce difficile da immaginare”.

“Devi pensare a un omino bidimensionale che si muove sul disco. Nel momento in cui tocca il bordo viene immediatamente trasportato sul bordo dell'altro disco: lui non si accorge di niente e continua a muoversi”.

“Prima o poi arriverà di nuovo al bordo, però”.

“Certo. E se ci arriva, viene immediatamente teletrasportato sul bordo del primo disco. L'omino non si accorge di niente, continua a camminare come se niente fosse”.

“E se torna al punto di partenza?”.

“Niente, si accorgerà che la superficie della sfera è finita, tutto qua”.

“Credo di aver capito. Passiamo alla 3-sfera?”.

“Ok. Ora però non posso disegnartela, perché la 3-sfera è una figura immersa nello spazio a 4 dimensioni, e facciamo un po' fatica a disegnarla, dato che il nostro spazio di dimensioni ne ha solo 3. Però posso utilizzare il metodo usato per la 2-sfera”.

“In che modo?”.

“Così come la 2-sfera può essere immaginata come 2 dischi (cioè due circonferenze piene) con i bordi in corrispondenza, la 3-sfera può essere immaginata come 2 bocce (cioè due sfere piene) con i bordi in corrispondenza. Provo a fare un disegnino”.


“Mh, forse ho capito. Questa volta l'omino si muove dentro alle sfere, vero?”.

“Sì. L'omino non è più bidimensionale, come prima: questa volta ha tre dimensioni e si muove nello spazio (cioè dentro a una delle due sfere). Quando arriva al bordo, viene teletrasportato sul bordo della seconda boccia e continua a muoversi”.

“Anche qui il bordo è un artificio?”.

“Certo. Serve a noi per poter vedere, ma non esiste: l'omino può continuare a camminare tranquillamente e, eventualmente, può tornare al punto di partenza camminando sempre nella stessa direzione”.

“Bello! E dici che Dante ha usato questa 3-sfera?”.

“Sì, pare proprio che Dante abbia usato la 3-sfera come modello del suo universo (e i fisici, oggi, si stanno ancora chiedendo se davvero il nostro universo sia finito, come la 3-sfera, oppure no)”.

“Mh, non ricordo di aver mai sentito parlare di 3-sfera quando ho studiato Dante”.

“Forse perché la tua prof di italiano non lo sapeva, o magari perché i matematici che studiano Dante non sono poi così tanti (o famosi). Comunque, hai presente com'è fatto l'universo di Dante?”.

“Eh, vediamo se mi ricordo. Al centro c'è la terra…”.

“Diciamo che centro non è proprio la parola adatta, comunque immaginiamo questo punto, che tu chiami centro, come il centro di una sfera”.

“Ah, una delle due sfere del tuo disegno?”.

“Esatto”.

“Anche se la terra non è proprio un punto, eh”.

“Infatti. Ma ricordi cosa c'è al centro della terra?”.

“Ricordo, la descrizione che fa Dante è molto lunga, occupa gran parte dell'ultimo canto dell'Inferno. C'è Satana”.

“Esatto. Dante ha molta paura:”.

Com' io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,
però ch'ogne parlar sarebbe poco.

“Ma comunque lo descrive: è un gigante, immerso nel ghiaccio dal petto in giù, e la sua testa ha tre facce”.

“Perfetto, ricordati delle tre facce che fra un po' ne riparliamo. Ora allontaniamoci dal centro di questa prima sfera: ricordi come fa Dante ad andare verso l'alto?”.

“Oh, sì, risale per un cammino ascoso e attraverso un pertugio tondo vede il cielo, e le stelle”.

“Benissimo. Poi però Dante sale ancora”.

“Sì, la caduta di Satana ha formato la voragine dell'Inferno, e dall'altra parte il monte del Purgatorio”.

“Ottimo, con buona pace di chi pensa che nel medioevo si pensava che la terra fosse piatta”.

“Già. Poi comincia la scalata al monte del Purgatorio”.

“Sì, fino a che Dante e Virgilio non arrivano al paradiso terrestre. Poi Virgilio se ne va e Dante incontra finalmente Beatrice”.

“E va verso il Paradiso, puro e disposto a salire a le stelle”.

“Com'è fatto il Paradiso?”.

“Ricordo che è formato da tanti cieli concentrici”.

“Sì, ci sono nove cieli: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, le stelle fisse e, infine, il Primo mobile”.

“Giusto: sono tutti in movimento, man mano che si va verso l'esterno la velocità aumenta. Il Primo mobile si chiama così perché imprime il movimento a tutti i cieli al di sotto”.

“Durante la salita al Primo mobile, Beatrice chiede a Dante di voltarsi indietro, a osservare le sfere sotto di lui. Nel farlo, Dante nota la perfetta simmetria sferica del cielo:”.

Le parti sue vivissime ed eccelse
sì uniforme son, ch'i' non so dire
qual Bëatrice per loco mi scelse.

“Sembra che questo Primo mobile sia importante, per Dante”.

“Hai ancora presente l'immagine della 3-sfera come due sfere con il bordo in corrispondenza?”.

“Sì, certo”.

“Bene: il Primo mobile è proprio il bordo comune alle due sfere”.

“Ah! Capisco! E cosa c'è, allora, nella seconda sfera?”.

“All'inizio del canto 28, Dante vede, riflesso negli occhi di Beatrice, un punto luminoso. Si volta per osservarlo meglio, e lo vede, circondato da nove cerchi in movimento, che si muovono più lenti man mano che si allargano”.

“Cioè, i cerchi esterni sono più lenti di quelli interni? Il contrario di quello che succede con la terra e i cieli che la circondano”.

“In un certo senso è il contrario, ma se noi guardiamo tutta la struttura avendo in mente la 3-sfera, non è così. Dante si trova sul bordo della prima sfera, il quale è anche bordo della seconda sfera. Questo bordo è fittizio: lo sguardo di Dante continua a salire, dirigendosi verso il centro della seconda sfera. Da questo punto di vista, la velocità delle varie sfere concentriche aumenta sempre. E riguardo al centro della seconda sfera, Beatrice afferma:”.

La donna mia, che mi vedëa in cura
forte sospeso, disse: «Da quel punto
depende il cielo e tutta la natura.

“Il centro della seconda sfera è Dio”.

“Esattamente, in perfetta corrispondenza con il centro della prima sfera, Satana”.

“E così come nella prima sfera ci sono nove sfere concentriche, anche nella seconda ce ne sono nove”.

“Sì, la seconda sfera è l'Empireo, che contiene i cori angelici: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli e Angeli”.

“E infine, la Trinità”.

“Sì. Anche qui in perfetta corrispondenza con i tre volti di Satana. Dante la contempla, e cerca di descriverla. Parla di tre giri, di tre colori e d'una contenenza. Gli ultimi versi del Paradiso sono stati analizzati in modo molto approfondito”.

“Come mai?”.

“Perché Dante fa riferimento al noto problema della quadratura del cerchio. C'è chi interpreta questi versi come una rassegnazione da parte di Dante: come il geometra non riesce a risolvere il problema della quadratura del cerchio, così il poeta non riesce a descrivere il mistero della Trinità”.

“Altri interpretano in modo diverso?”.

“Sì: c'è chi dice che Dante fosse a conoscenza della dimostrazione di Archimede relativa all'area del cerchio. Archimede ha dimostrato, utilizzando il metodo di esaustione, che la superficie di un cerchio è equivalente a quella di un triangolo avente per base la lunghezza della circonferenza, e per altezza il raggio”.

“E quindi?”.

“E quindi Dante, nella parte finale dell'ultimo canto del Paradiso, vorrebbe affermare che come il geometra riesce a risolvere il problema della quadratura del cerchio (grazie a Archimede), così lui riesce a comprendere il mistero della Trinità. Il fulgore di cui ci parla potrebbe essere finalmente l'illuminazione che serve a risolvere il problema”.

“E noi cosa diciamo?”.

“Mah. Noi ci leggiamo i versi di Dante, e per una volta non diciamo nient'altro”.

Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,

tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.

A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,

l'amor che move il sole e l'altre stelle.

mercoledì 17 marzo 2010

Il toro

“Com'è allora la storia di Zargo's lords?”.

“Eh, è il primo wargame fantasy a cui ho giocato, bellissimo, c'erano diversi tipi di…”.

“No, no, aspetta, che se cominci a parlare di giochi non ti fermi più. Mi riferivo alla faccenda dell'uscita dal tabellone in alto per rientrare in basso”.

“Ah. Eh, avrai notato che è una cosa inconsueta: nel Risiko non si può fare, ad esempio”.

“Eh, certo: se vai a nord arrivi al polo nord, mica al polo sud”.

“Giusto. Questo perché il mondo di Risiko è come il nostro: una sfera”.

“E quello di Zargo's lords, invece? Non lo è?”.

“No”.

“E cos'è, allora?”.

“Te lo disegno, guarda. Questa è la mappa, immaginiamola quadrata. Le frecce indicano i punti corrispondenti: se esci da destra rientri a sinistra, e viceversa; se esci da sopra rientri di sotto, e viceversa”.


“Ok, questo è il movimento secondo le regole”.

“Ora immaginiamo di curvare la mappa, facendo combaciare il lato sopra con quello sotto: cosa otteniamo?”.

“Un tubo?”.

“Esatto, eccolo qua”.


“Ah, comincio a capire. I bordi a destra e a sinistra sono diventati circonferenze, vero?”.

“Esatto. E dobbiamo farle combiaciare”.

“Come facciamo?”.

“Immaginiamo di piegare il tubo, come se fosse fatto di gomma. Ecco quello che otteniamo”.


“Una ciambella!”.

“O, come dicono i Veri Matematici, un toro”.

“E non è quella strana cosa che hai chiamato 3-sfera, vero? Quella che avrebbe a che fare con Dante?”.

“No, questo non c'entra. Volendo, potremmo chiamarlo 2-toro. La prossima volta parliamo della 2-sfera e della 3-sfera”.

martedì 16 marzo 2010

Se

Mi chiedeva Massimo Morelli: ma allora il libro La congettura di Poincaré è bello o no?

Se avete già sentito parlare di topologia, se non riuscite a vedere la differenza tra una tazza con un manico e una ciambella, se, quando eravate bambini, siete rimasti un po' a meditare sul fatto che in Risiko non si può uscire dalla mappa in alto e rientrare in basso, mentre in Zargo's lords si può, allora vale la pena leggerlo. Se non sapete cosa sia Zargo's lords, bè, mi dispiace per voi.

lunedì 15 marzo 2010

La congettura di Poincaré

Di notte, quando guardo in cielo le stelle più remote, le lontane galassie e i gruppi di galassie, trovo impossibile pensare che lassù, da qualche parte, non ci siano altre intelligenze, alcune profondamente diverse dalla nostra. Fra centinaia di anni, se mai svilupperemo delle tecnologie che ci metteranno in grado di incontrare queste forme di vita e di comunicare con loro, scopriremo che esse sanno, o vogliono sapere, che l’unica varietà tridimensionale compatta in cui ogni ciclo può essere ridotto a un punto è la 3-sfera. Potete contarci.

Chi scrive è Donal O'Shea, nel suo libro intitolato La congettura di Poincaré.

More about La congettura di Poincaré

Un libro che racconta la storia di uno dei sette problemi del millennio e di come sia stato risolto dal matematico russo Grigori Perelman.

Il 22 agosto 2006, durante il congrsso internazionale di matematica tenutosi a Madrid, venne offerta a Perelman la medaglia Fields, il più importante riconoscimento a cui un matematico possa ambire. Perelman non si presentò alla cerimonia e non ritirò la medaglia.

Ha comunque affermato di non aver ancora deciso se accettare o meno il premio da un milione di dollari promesso dal Clay Institute per la soluzione di uno dei problemi del millennio. Se e quando gli offriranno il premio (o una parte di esso, dato che la sua dimostrazione si basa su importanti scoperte fatte da altri matematici), deciderà.

Ci sarebbe da spiegare, ora, cosa mai sia una 3-sfera, e cosa essa abbia a che fare con Dante (Alighieri, sì, pare che sia stato il primo a parlarne). Ma questa è un'altra storia, e si dovrà raccontare un'altra volta.

venerdì 5 marzo 2010

Numeri che fanno girare la testa

Oggi xkcd ha pubblicato una vignetta riguardante la congettura di Collatz. Si tratta di un giochino che funziona in questo modo: si prende un numero intero positivo qualunque, se è pari lo si divide per 2, se invece è dispari lo si moltiplica per 3 e si aggiunge 1. E si continua così, fino a che non si arriva a 1 (se si riesce ad arrivare a 1 e si vuole continuare col gioco, si entra in un ciclo: il numero successivo a 1 è 4, poi si ha 2, e di nuovo 1).

Qua a sinistra si può vedere un albero che rappresenta l'evoluzione di alcuni numeri. Come si vede, tutti finiscono a 1. La congettura di Collatz afferma che, comunque noi scegliamo un numero positivo, prima o poi arriviamo sempre a 1. È un giochino che si può fare con carta e penna, durante una riunione noiosa, per esempio. La vignetta suggerisce che se uno comincia a giocarci, poi non finisce più.

Ecco, una persona normale magari alla fine della riunione smette di calcolare e va a casa, ma un matematico forse no.

In effetti questo problema è stato studiato molto, e per molto tempo. È stato proposto nel 1937; nel 1972 Conway ha dimostrato che una generalizzazione della congettura è indecidibile (e qui potrebbero cominciare i guai: se fosse indecidibile anche la congettura, sarebbe inutile cercare una dimostrazione); in seguito ha dimostrato che non possono esistere cicli composti da meno di 400 termini (se esistesse anche solo un ciclo, di qualunque dimensione, la congettura sarebbe falsa, perché gli elementi del ciclo non arriverebbero mai a 1); nel 1985 Lagarias ha dimostrato che non possono esistere cicli di lunghezza minore di 275000, e a questo punto uno potrebbe anche dire “vabbè, dai, allora basta”.

Il fatto è che un matematico non si può accontentare di una serie di conferme alla sua teoria: un matematico vuole la dimostrazione.

La vuole trovare nonostante il parere autorevole di Paul Erdős, che nel 1985 ha affermato che la matematica non è ancora pronta per affrontare problemi così difficili.

Nel frattempo, mentre i matematici sviluppano nuove teorie per affrontare questo difficile problema, i calcolatori continuano a macinare numeri per analizzare sempre più in profondità l'albero di Collatz. Il primo grosso tentativo di studiare la congettura è partito nell'agosto del 1996, quando è stato lanciato un programma scritto in C su due workstation DEC Alpha a 133MHz e altre due a 266MHz. Il programma ha completato l'esame dell'evoluzione di tutti i numeri interi fino a 100·250 nell'aprile del 2000 (no, non ho sbagliato a scrivere).

L'algoritmo è stato migliorato e il programma è stato fatto ripartire nel giugno del 2004. Dopo 81.1 anni di cpu (suddivisi su più macchine, naturalmente), nel gennaio 2009 è stato fermato nuovamente: questa volta ha raggiunto il numero 20·258 (cioè 5764607523034234880), senza trovare alcun controesempio alla congettura — ah, dimenticavo: per maggior sicurezza ogni numero è stato controllato due volte. Un secondo gruppo di ricerca ha ottenuto, in maniera indipendente, lo stesso risultato.

Infine, nel 2001 è partito un progetto di calcolo distribuito che, ad oggi, ha superato la cifra 9·253.

Tutte queste prove non sono riuscite a trovare nessun controesempio alla congettura. Allora perché continuare? Sembra impossibile che la congettura, vera per così tanti numeri, possa dimostrarsi falsa per numeri ancora più grandi.

Eppure, questa non è una dimostrazione, e la storia della matematica ci insegna che già in altri casi sono stati trovati controesempi per numeri giganteschi. Ad esempio, la congettura di Pólya afferma che la maggior parte (cioè una parte superiore al 50%) dei numeri naturali minori di un dato numero ha un numero dispari di fattori primi. Nel 1958 si è dimostrato che la congettura è falsa, fornendo come controesempio un valore pari circa a 1.845·10361. In seguito questo valore è stato abbassato fino a 906150257.

La congettura di Mertens, il cui enunciato riguardante le proprietà di un certo numero n è un po' troppo complicato per stare su questo margine, è stata confutata utilizzando un valore pari a e3.21·1064. Nel 2006 questo limite è stato un po' abbassato, ed ora è pari a e1.59·1040.

Esiste poi una proprietà riguardante i numeri primi, che afferma che a un certo punto il numero di numeri primi minori di un certo numero x supera il valore del logaritmo integrale di x. Nel 1914 è stato dimostrato che questo numero esiste. Nel 1933 è stato dimostrato che, se l'ipotesi di Riemann è vera, allora questo numero è maggiore di eee79. Nel 1955 è stato dimostrato che, senza la necessità di utilizzare l'ipotesi di Riemann, questo numero è minore di 101010963. In seguito questi valori sono stati abbassati, ma rimangono comunque enormi.

Enormi, ma anche piccoli, se confrontati con il numero di Graham: un numero talmente grande che non potrebbe essere contenuto all'interno dell'universo conosciuto, supponendo di poter memorizzare ogni sua cifra in uno spazio pari a un volume di Planck, pari a 4.22419·10−105 metri cubi. Un numero usato in un dimostrazione, eh.

Uh, dimenticavo: come per tutti i grandi teoremi che si rispettino, esiste un premio di mille sterline destinato al primo che riesce a dimostrare, o confutare, la congettura di Collatz.

E, come succede per tutti i grandi teoremi che si rispettino, anche la congettura di Collatz non serve a niente.

giovedì 4 marzo 2010

Potevo dire di no?

Dice: vuoi partecipare al progetto COMETA? Chiedo: che roba è? Risponde: si tratta di prendere i migliori studenti di tutte le quarte della scuola e trattare una serie di argomenti, scelti in accordo con l'università. In pratica, a meno che tu non abbia idee veramente strambe che a quelli dell'università non vanno proprio giù, parli di quello che vuoi tu.