sabato 24 febbraio 2007

Il cubo di Rubik

Il cubo di Rubik è composto da 27 cubetti: 8 ai vertici (cubetti con tre facce colorate), 12 di spigolo (cubetti con due facce colorate), 6 centrali (una sola faccia colorata), e uno interno (che in realtà non esiste, dato che all'interno si trova il meccanismo che permette alle facce di girare e ai cubetti di mescolarsi).

Se lo smontiamo e lo rimontiamo, abbiamo a disposizione 8! modi per rimontare i cubetti ai vertici, inoltre ogni cubetto può essere ruotato in 3 modi diversi, per un totale di

8!×38 = 264539520.

Possiamo poi rimontare i cubetti di spigolo in 12! modi diversi, e ogni cubetto può essere ruotato in 2 modi diversi, per un totale di

12!×212 = 1961990553600.

I sei cubetti centrali, invece, sono fissi: non possiamo muoverli da dove si trovano. Quindi il totale di possibili modi in cui si può ricomporre un cubo di Rubik è il prodotto dei due valori precedenti, e cioè

519.024.039.293.878.272.000

(ho separato le cifre giusto per poter contare meglio). Però, quando il cubo è montato, non è possibile passare da una posizione ad ogni altra posizione. Per esempio, non è possibile eseguire un movimento che ruota un solo cubetto di vertice e lascia fermi tutti gli altri, oppure non è possibile invertire le facce di un solo cubetto di spigolo, lasciando fermi tutti gli altri.

Bisogna poi tenere conto anche di un'altra particolarità: un movimento di rotazione di una faccia del cubo di Rubik non può invertire la parità della sequenza di vertici senza invertire anche quella degli spigoli, e viceversa. Quindi vertici e spigoli o si trovano in una configurazione pari, o in una configurazione dispari.

Alla fine, l'impossibilità di ruotare un cubetto al vertice riduce il numero di posizioni di un fattore 3, l'impossibilità di invertire le facce di un cubetto di spigolo riduce il tutto di un fattore 2, e l'impossibilità di invertire la parità solo degli spigoli o solo dei vertici riduce il numero di posizioni di un altro fattore 2. Ci sono quindi 12 possibili insiemi di configurazioni di facce, e non si può passare da un insieme all'altro, se non smontando e rimontando il cubo. E solo uno di questi 12 insiemi è quello che contiene il cubo "risolto". Quindi attenzione: se si smonta il cubo di Rubik occorre poi rimontarlo correttamente, altrimenti potrebbe essere irrisolvibile.

Dato quindi un cubo montato correttamente, è possibile "mescolarlo" in un enorme numero di modi diversi:

43.252.003.274.489.856.000.

Per fare un po' di sensazionalismo: quanto è grande questo numero? Se mettessimo quel numero di cubi di Rubik uno di fianco all'altro, supereremmo i 200 anni luce (stima spannometrica fatta senza un cubo di Rubik sotto da poter misurare, e a meno dei soliti errori di calcolo che fanno i matematici).

(elaborato da The Unapologetic Mathematician e da Wikipedia)

mercoledì 21 febbraio 2007

How about a nice game of chess?

Un commento al post sul web 2.0 mi ha fatto venire in mente come tutto è cominciato, per me.

Era il 1989 quando in casa mia entrò il primo modem. Era un modem interno, senza marca, velocità massima 1200 bps. Non è un errore, non mancano prefissi tipo kilo- o mega-, erano proprio 1200 bit per secondo. Se si confronta questa velocità con le ultime offerte di connessione adsl a 20 Mbps, non ci si crede. Quello che si può scaricare (alla velocità massima teorica) in un secondo con l'adsl 20 mega noi lo scaricavamo in poco più di quattro ore e mezza.

Nel 1989 non c'era internet. Non è vero, ma ci capiamo: non esisteva il linguaggio HTML, non esisteva il concetto di World Wide Web, le centrali telefoniche erano analogiche, noi avevamo visto (e continuavamo a guardare) il film Wargames e sognavamo quell'accoppiatore acustico. Chi ha visto il film, sa di cosa parlo. Chi non l'ha visto, ma come ha vissuto fino ad oggi?

E leggevamo riviste sui computer. Riviste su carta, dico, perché le informazioni giravano così. Su una di queste riviste trovai (un paio d'anni prima del 1989) un articolo che parlava di BBS, in italiano "banche dati", e mi incuriosii. Si raccontava dello sviluppo del software che gestiva la BBS del giornale, la famosa MC-link, e si accennava anche all'esistenza di una serie di BBS collegate in un qualche modo tra loro da una misteriosa Rete Fidonet. Grazie a quell'articolo decisi di acquistare un modem.

Ma poi, col modem installato, che si fa? Allora non esisteva ancora la tariffazione urbana a tempo (la TUT): questo significa che una telefonata urbana poteva durare quanto si voleva, tanto si pagava sempre un solo scatto; se avessi trovato una BBS nella mia città, sarei stato a cavallo. Purtroppo, non ce n'erano. La più vicina era in un altro comune della mia stessa provincia: si pagava la tariffa interurbana (quella più favorevole, comunque - perché ne esistevano diverse, a seconda della distanza alla quale si voleva fare giungere la nostra voce).

Quindi mi collegavo di sera (dopo le 22 si spendeva molto poco) ogni tanto, e iniziai così a esplorare il mondo di Fidonet.

Nel frattempo venne aperta una BBS anche nella mia città, ma purtroppo subito dopo venne introdotta anche la famigerata TUT, e lì terminarono i sogni di collegamenti illimitati praticamente gratuiti. Ma questa è un'altra storia: infatti io, mentre facevo i miei tentativi notturni di collegamento, sperando nell'apertura di una BBS nella mia città, meditavo sempre su quell'articolo che parlava di questa meravigliosa MC-Link. Che stava a Roma. Interurbana in tariffa massima: un salasso.

Ma alla fine, dopo tanti tentennamenti (la bolletta telefonica la pagavano i miei genitori, se l'avessi decuplicata il modem se ne sarebbe andato fuori dalla finestra), provai a collegarmi. Ma interurbana su linea analogica significa presenza di disturbi, e il mio piccolo modem non ce la faceva a collegarsi bene a 1200 bps, perciò dovevo collegarmi alla fantastica velocità di 300 bps.

Una volta alla settimana, al sabato sera, per una decina di minuti, ero anche io un felice utente di MC-Link.

sabato 17 febbraio 2007

Il risultato perfetto



Ieri predicavo in classe sull'importanza di non chiudere il quaderno subito dopo aver trovato il risultato di un problema: è necessario invece controllare, cercare di capire se il risultato è plausibile o se, invece, è palesemente sbagliato.

Mentre parlavo, mi è venuto in mente un problema dal risultato sorprendente. Si tratta di un problema che ho incontrato per la prima volta sulle pagine di Rudi Mathematici (per la precisione: il primo problema del numero 63), e che dice circa così: abbiamo tre tovaglie quadrate di lato unitario; qual è il più grande tavolo quadrato che si può ricoprire?

Prima di arrivare alla soluzione (rappresentata in figura - il tavolo è quello tratteggiato) avevo fatto qualche altro tentativo con le tovaglie messe in modo diverso, poi ho avuto l'illuminazione e ho trovato una posizione migliore, che mi ha permesso di allargare ancora un po' il tavolo. Quando ho fatto i calcoli, ho trovato che l'area del tavolo più grande ricopribile con tre tovaglie di lato 1 è uguale alla sezione aurea. Il risultato era troppo bello per essere sbagliato...

Oggi ho scoperto che qualcuno si è dato da fare con molte tovaglie in più...

Tutta la verità sui gatti

Dicono che oggi sia la giornata del gatto. Se anche non fosse così, questo post sarebbe comunque da leggere...

giovedì 15 febbraio 2007

Bolle di sapone



Sono stato, con alcuni studenti, a una conferenza tenuta da Frank Morgan, un matematico che gioca con le bolle di sapone.

Assieme ad alcuni suoi studenti, Frank Morgan ha dimostrato la congettura della doppia bolla standard, che dice che la doppia bolla di sapone "normale" (cioè quella in figura) è il sistema più efficiente per racchiudere e separare due volumi dati nello spazio euclideo (qui efficiente significa che le bolle occupano la minor superficie possibile).

La conferenza è stata ravvivata da un gioco a premi, nel quale il professore proponeva alcuni quesiti relativi alle bolle di sapone, superfici minime, cammini minimi. Non ha parlato molto della dimostrazione della congettura, purtroppo - mi hanno detto che lo ha fatto in un'altra conferenza non destinata agli studenti, tenuta la sera prima. Comunque, la dimostrazione è qua, almeno è fatta di un numero accettabile di pagine, non come quella dell'ultimo teorema di Fermat.

Carino il discorso finale col quale Morgan ha idealmente concluso la conferenza. Ha detto più o meno così: la matematica si divide in due grandi filoni, e cioè la matematica pura e la matematica applicata. La matematica applicata studia e tenta di risolvere i problemi; la matematica pura studia argomenti dei quali non si sa ancora se, e quando, diventeranno problemi. (Ok, lo so, l'ho detta male, lui l'ha detta in inglese ed era un bell'aforisma)

Notevole anche il bel posticino in cui lui insegna (e vive, presumo), il Williams College. Costo annuale: 42.650 dollari (più un duemila per spese personali e libri, senza contare i viaggi). Costeranno così tutte le università americane?

Digitalanalogico



(via Andrea Beggi)

venerdì 9 febbraio 2007

Radici quadrate

.mau. insegna (o ricorda, a chi lo aveva imparato a suo tempo) a estrarre le radici quadrate a mano.

(Gli studenti sostengono che adesso, alle medie, non lo insegnano più, ma io non so mica se è vero.)

How I need a drink, alcoholic of course, after the heavy chapters involving quantum mechanics

György Pólya lo conoscevo di nome. Sapevo che è stato un matematico, e tanto basta.

Poi sono capitato su Amazon e, mentre cercavo qualcosa scritto da Conway, ho incontrato How to Solve It: A New Aspect of Mathematical Method, un libro scritto da Pólya con una prefazione di Conway, e mi sono incuriosito. Ho fatto una ricerchina, e ho visto che la wikipedia inglese ha una voce dedicata proprio a quel libro, e me la sono letta.

Quando, su questo riassunto del libro, ho letto la frase "You are not teaching, but helping, it's the student who finds the way to solve a problem", ho deciso di comprarlo.

(P.S. Il titolo di questo post è una frase di Pólya, che serve per ricordarsi le cifre di pi greco: il numero delle lettere di ogni parola della frase indica proprio una cifra di pi greco.)

martedì 6 febbraio 2007

You are the web

Probabilmente arrivo tardi, ma il filmato (visto oggi su punto informatico) che spiega cos'è il web 2.0 non è male.

Smilla

Come promesso tempo fa, oggi abbiamo fatto un po' di recitazione in classe.

Personaggi:

  • Lei: Smilla, figlia di eschimesi, nata in Groenlandia, ora vive in Danimarca. È esperta di glaciologia, campo nel quale lavora. Soffre di claustrofobia, sta indagando sulla morte di un amico che le pare sospetta, è appena stata minacciata di essere rinchiusa in un piccolo locale se non termina al più presto le sue indagini.

  • Lui: “Il meccanico”, ha conosciuto da poco Smilla, se ne è innamorato, vuole aiutarla.

  • Voce narrante: è Smilla, scrive in prima persona.


Interpreti:
  • Lei: Lidia Sensibile

  • Lui: Matteo Ciprovo

  • Voce narrante: Sara Nonmidiadieci.


Dal libro di Peter Høeg Il senso di Smilla per la neve, Mondadori.

Prepara da mangiare.
È una regola che nelle case dove ci si trova a proprio agio si finisce in cucina. A Qaanaaq ci abitavamo. Qui mi accontento di stare sulla porta. È vero che la cucina è spaziosa. Ma lui la riempie da solo.
Ci sono donne che sanno fare il soufflé. Che casualmente hanno una ricetta del parfait al caffè infilata nel reggiseno sportivo. Che sono capaci di farsi da sole la torta nuziale con una mano e preparare una bistecca Nossi Bé al pepe con l'altra.
Dobbiamo esserne tutti contenti. Purché non voglia dire che noialtre dobbiamo sentirci in colpa se non siamo ancora arrivate a darci del tu con il tostapane elettrico.
Lui ha una montagna di pesce e una montagna di verdure. Salmone, sgombro, merluzzo, diversi tipi di passerine. Due grossi granchi. Code, teste, pinne. Poi carote, cipolle, porri, prezzemolo, finocchio, topinambur.
Pulisce e cuoce le verdure.
Io racconto di Ravn e del capitano Telling.
Mette su il riso. Con cardamomo e anice.
Io racconto delle clausole di segretezza che ho sottoscritto.
Dei rapporti che aveva Ravn.
Lui filtra l'acqua delle verdure e cuoce i pezzi di pesce.
Io racconto delle minacce. Del fatto che possono arrestarmi in qualsiasi momento.
Lui tira su a uno a uno i pezzi di pesce. Me lo ricordo dalla Groenlandia. Quando passavamo molto tempo a fare da mangiare. Il pesce ha punti di cottura molto diversi. Il merluzzo cuoce subito. Lo sgombro ci mette un po' di più, il salmone ancora di più.
«Temo di essere in un vicolo cieco» dico.
Per ultimi i granchi. Li fa bollire al massimo cinque minuti.
In un certo senso sono sollevata dal fatto che non dica niente, che non gridi. Insieme a me è l'unico che sa quanto sappiamo. Quanto ora siamo costretti a dimenticare.
Mi sembra necessario spiegargli il fatto della claustrofobia.
«Sai cosa c'è alla base della matematica?» dico. «Alla base della matematica ci sono i numeri. Se qualcuno mi chiedesse che cosa mi rende davvero felice, io risponderei: i numeri. La neve, il ghiaccio e i numeri. E sai perché?»
Spacca le chele con uno schiaccianoci e ne estrae la polpa con una pinzetta curva.
«Perché il sistema numerico è come la vita umana. Per cominciare ci sono i numeri naturali. Sono quelli interi e positivi. I numeri del bambino. Ma la coscienza umana si espande. Il bambino scopre il desiderio, e sai qual è l'espressione matematica del desiderio?»
Versa nella zuppa la panna e alcune gocce di succo d'arancia.
«Sono i numeri negativi. Quelli con cui si da forma all'impressione che manchi qualcosa. Ma la coscienza si espande ancora, e cresce, e il bambino scopre gli spazi intermedi. Fra le pietre, fra le parti di muschio sulle pietre, fra le persone. E fra i numeri. Sai questo a cosa porta? Alle frazioni. I numeri interi più le frazioni danno i numeri razionali. Ma la coscienza non si ferma lì. Vuole superare la ragione. Aggiunge un'operazione assurda come la radice quadrata. E ottiene i numeri irrazionali.»
Scalda il pane nel forno e mette il pepe in un macinino.
«È una sorta di follia. Perché i numeri irrazionali sono infiniti. Non possono essere scritti. Spingono la coscienza nell'infinito. E addizionando i numeri irrazionali ai numeri razionali si ottengono i numeri reali.»
Sono finita al centro della stanza per trovare posto. È raro avere la possibilità di chiarirsi con un'altra persona. Di norma bisogna combattere per avere la parola. Questo per me è molto importante.
«Non finisce. Non finisce mai. Perché ora, su due piedi, espandiamo i numeri reali con quelli immaginari, radici quadrate dei numeri negativi. Sono numeri che non possiamo figurarci, numeri che la coscienza normale non può comprendere. E quando aggiungiamo i numeri immaginari ai numeri reali abbiamo i sistemi numerici complessi. Il primo sistema numerico all'interno del quale è possibile dare una spiegazione soddisfacente della formazione dei cristalli di ghiaccio. È come un grande paesaggio aperto. Gli orizzonti. Ci si avvicina a essi e loro continuano a spostarsi. È la Groenlandia, ciò di cui non posso fare a meno! È per questo che non voglio essere rinchiusa.»
Sono finita davanti a lui.
«Smilla» dice. «Posso baciarti?»

lunedì 5 febbraio 2007

Basta essere gentili

Da un po' di tempo il lunedì mattina, dalle 8:30 alle 9:00, non si riesce a fare lezione in prima. Gli studenti della classe accanto hanno religione alla prima ora, e molti di loro entrano alla seconda. Di fronte alla porta dell'aula in cui sono io c'è un caldo termosifone, che accoglie i posteriori di molti di loro. Il risultato è che dalle 8:30 si comincia a formare un capannello di persone che parlano, ridono, chiacchierano.

Quando la situazione si fa intollerabile io apro la porta, li guardo, loro guardano me, io chiedo di fare piano, loro si scusano e si spostano in zone più fredde. Ultimamente si sono creati degli automatismi, cioè io apro la porta, li guardo, sorrido, loro sorridono e se ne vanno, senza scambio di parole. Ormai ci conosciamo, anche se non sono miei studenti: quando passo vicino alla loro aula ci salutiamo, ridiamo, cose così.

Oggi, nel tentativo di automatizzare ancora di più le procedure del lunedì mattina, ho appeso un cartello alla porta. Eccolo qua:

Caro studente di 2ªE,
che riposi le tue stanche membra
al calduccio del termosifone
di fronte a questa aula,
ricorda che dietro a questa porta
c’è un povero insegnante di matematica
che sta cercando di fare lezione.
Abbi pietà di lui, dunque,
e accogli il suo appello:
parla sottovoce.

Un povero insegnante di matematica


Ebbene, questa mattina non è volata una mosca. Dalla porta è filtrata solo qualche piccola risata, assolutamente tollerabile.